Daniele Mencarelli – Fame D’aria

Daniele Mencarelli – Fame D’aria

Amo questo autore come pochi altri. Non c’è stato romanzo, poesia, audiolibro o anche serie Netflix che non abbia letteralmente divorato. Mencarelli ha la capacità, il dono direi, di scrivere romanzi ben costruiti con all’interno accenni di vera poesia e così, di tanto in tanto, in uno scenario già di per sé convincente si inseriscono scorci da brivido: “Lo ha desiderato, come si può desiderare un miracolo. Si è prosciugato gli occhi a forza di chiedere anche quello. Un miracolo. Un figlio normale. Non un estraneo pure a se stesso. Il miracolo non è mai arrivato. Come unica risposta, da est è spuntato l’odio. Ha ricoperto tutto, i sani e i malati, la vita intera. Per anni è stato così. Poi pure l’odio è tramontato. Resta la rabbia quando esplode.“.  Basterebbe, a mio avviso, questo passaggio per correre in libreria.

La trama è asciutta, essenziale: E’ venerdì pomeriggio, Pietro e Jacopo a causa di un guasto all’auto rimangono bloccati in un paesino sperduto, Sant’Anna del Sannio. Un intero fine settimana da trascorrere nel nulla cosmico. E’ qui che conosceranno Oliviero, il meccanico che metterà a posto la loro macchina, Agata che li ospiterà nell’unico bar, pensione del paese e Gaia la ragazza che gli da una mano. Un paese morente, un padre carico di rabbia, un ragazzo che ciondola emettendo un solo verso ed il dolore sempre di sottofondo. “Sarebbe bello poter dire che un attimo, almeno uno, è risparmiato. Un attimo d’amore, uno solo, come un brillante incastonato nell’anello. Ma sarebbe falso. Semplicemente. Dal giacimento di pietra preziosa è stato strappato tutto. Negli altri umani, fortunati, la vena da cui estrarre si rigenera, anche di fronte al dolore e alla malattia, e anche in Pietro è stato così per giorni, anni. Poi il tesoro si è prosciugato. Sino a quello che rimane ora. Come un cratere.”.

Fame d’aria racconta la disabilità attraverso le sue conseguenze, le mille sfaccettature dolorose, l’impossibilità di comunicare, il danno psicologico, morale ed economico, l’amore spezzato.

E’ vita vera quella che scorre in Pietro, Jacopo, Oliviero, Agata e Gaia. Se andassi mai a Sant’Anna del Sannio non dubiterei nemmeno per un secondo che nella piazza centrale ci sia il Bar di Arturo e che Agata o Gaia siano proprio lì, dietro il bancone. Ad essere sinceri non ho mai ben capito come fosse possibile questo equilibrio finché non ho sbirciato, da vero goolge-guardone, nella vita di Daniele Mencarelli, letteralmente un viaggio all’inferno andata e ritorno. Se un qualsiasi altro autore scrivesse: “La povertà ti rimane attaccata addosso, Ti perseguita … ti buca il cervello … Io so a memoria il prezzo di tutto. A quale discount comprare lo scatolame, dove la pasta, i giorni in cui i supermercati fanno gli sconti per chi ha familiari con invalidità … Da oltre 10 anni so alla perfezione quanto ho in tasca … quanto sto sotto in banca, le scadenze di tutte le rate. Da 10 anni è come se vivessi con un coltello puntato alla gola. E sono stanco.” difficilmente ci crederei, probabilmente penserei ad una costruzione letteraria, ben documentata, ma pur sempre un artefatto. Nel caso di Mencarelli non ho invece il minimo dubbio.

In uno sforzo di obiettività segnalo anche che questo romanzo è, forse, meno potente di quelli appartenenti alla sua trilogia autobiografica (La casa degli sguardi, Tutto chiede salvezza e Sempre tornare) ma lo ho trovato comunque ben costruito, appassionante, denso di vita. Probabilmente un primo passaggio dell’autore in un territorio nuovo ma, alla fine, il risultato è stato sempre lo stesso, divorato letteralmente in un we. A proposito, una nota a margine rivolta più alle case editrici che agli autori, 170 pagine scritte con caratteri importanti a 19€, ma non si era detto che la cultura deve essere accessibile a tutti?

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